Cascina Basso - San Rocco Seno d’Elvio
Da qui una simpatica deviazione, se si segue la strada in discesa e poi si svolta a sinistra, ci porterà nella fresca valletta del rio (il Seno d’Elvio) che ancora ricorda nel nome i natali dell’imperatore Publio Elvio Pertinace (regnò per soli 90 giorni, ma lasciò grande ricordo di sé).
La frazione San Rocco Seno d’Elvio è l’unica parte di Alba autorizzata a produrre il Barbaresco e qui ha sede una delle cantine storiche delle Langhe, quel Bricco del Drago da dove il “Gran Maestro” De Giacomi lanciò una serie di primordiali e mirabili iniziative su cui oggi si fonda non poca della fortuna di queste colline. Su tutte, quel miracolo di ricettario casalingo che resta “Nonna Génia”, pluri-tradotta bibbia gastronomica sulla cucina di Langa. Il Bricco del Drago ospita un museo etnografico privato con, tra l’altro, la più antica bottiglia di vino con etichetta “Barbaresco” (1870).
Poco oltre la cascina, in corrispondenza del primo tornante sulla destra imbocchiamo invece la capezzagna a sinistra, per alternare poi vigneti e noccioleti in prossimità della più paurosa e profonda forra delle Langhe, la spettacolare Rocca dei Sette Fratelli. La leggenda vuole che i sette empi bestemmiarono Dio durante una festa religiosa, malgrado le suppliche della pia sorella: così la terra si aprì inghiottendoli tutti, ma lasciando salva la donna sul crinale tra i due burroni.
Leggenda a parte, il luogo è magnifico sia per il panorama mozzafiato che per la possibilità di osservare la stratigrafia della collina che in sezione ci appare appunto come una gigantesca Sacher Torte a strati di calcare, argilla, marna, sabbia e arenaria: tutta l’unicità delle Langhe in uno sguardo. La nostra sterrata si ricongiunge quindi alla striscia di terra tra i due burroni (quella che appunto salvò la sorella della leggenda), in località Canta, dove attraversiamo la provinciale per imboccare, subito oltre il sacrario partigiano e la prima casa, la salita sulla destra che ci porta in quota sullo spartiacque, sopra la provinciale. Qui la Langa del Vino cede gradatamente il passo a quella della Nocciola e le colline si fanno più aspre e selvagge. Il cammino procede in cresta per un paio di chilometri per ridiscendere poi sulla provinciale e, superate su asfalto le poche case, proseguire fino al vicino bivio di Bossania, da dove subito a destra riprende la via sterrata di cresta. Il panorama è superbo e permette davvero di immedesimarsi nelle descrizioni visionarie di Fenoglio e dei suoi partigiani.
Si ridiscende infine sulla piccola frazione del Cappelletto dove, superato l’incrocio per Trezzo Tinella, si prende la prima strada e, subito dopo, a destra, la leggera salita sterrata che compie un’ampia curva per raggiungere la comunale all’altezza di una casa con accanto un pilone votivo e, dall’altra parte dell’asfalto, una casetta in legno. Da qui, a destra, riparte subito il sentiero, che ora scende dolcemente tra i noccioleti e, compiendo un ampio arco prima in discesa e poi in salita (D2; S2), raggiunge infine l’antico Borgo del Riondino, ottimo esempio di cascina fortificata, oggi bel relais di charme.
Eccoci adesso nel cuore della Langa di Fenoglio, là dove sono ambientati alcuni dei suoi romanzi migliori e dove tutto ci parla ancora di un passato recente (appena 50-70 anni fa), fatto di miseria e guerra fratricida. Dal Riondino si svolta a destra, sempre su sterrata, per salire (D2) nel bosco (molto ben segnalato sugli alberi) e raggiungere la vetta dove le numerose arnie ci dicono quanto sia buono il miele delle Langhe. Qui si tiene la destra in comoda discesa (D1) fino a raggiungere l’asfalto e seguirlo a destra per circa 1 km, poi a sinistra nuovamente su sterrata, in salita crescente (S1-2), fino a giungere alla mitica Cascina della Langa, proprio quella dove il Partigiano Johnny (l’eroe dell’omonimo romanzo di Fenoglio sulla guerra civile) passò il terribile inverno del ’44 in compagnia della sola cagna “la Lupa”. Il sentiero scende brevemente nel noccioleto (per dare la giusta privacy alla cascina, che oggi è diventata un altro relais di charme) per risalire, subito oltre la casa, nel parcheggio antistante e quindi proseguire sulla cresta del bosco verso Boscasso e Pavaglione. Al bivio successivo entrambi i sentieri portano al borgo del Pavaglione, ma la nostra via passa in quello di destra per scendere poi dall’alto, tra asinelli e caprette, sul borgo teatro de “La Malora” di Agostino, il povero servitore che invano cercherà di aiutare la sua famiglia segnata da un destino ineluttabile e infinitamente più forte delle sue braccia.
Al Pavaglione la cascina di Agostino e Tobia è oggi un centro culturale dove si tengono mostre e convegni, oltre a reading letterari e giornate fenogliane. Oltre la borgata, sulla sinistra, il sentiero riprende la cresta per correre tra gli alberi fino al piccolo cimitero di San Bovo e, quindi, ridiscesi sull’asfalto e svoltato a sinistra, si raggiunge questa estrema e romantica frazione di Castino, immersa nei boschi. San Bovo è la passeggiata preferita degli albesi, che sanno di trovare al fondo anche una casa amica con osteria, camere e bar, oltre a un’azienda di ippo-turismo per galoppate in Valle Belbo. I suoi boschi ripidi nascondono segreti di funghi e tartufi che i cercatori custodiscono gelosamente in taccuini segreti e cifrati come forse era solo il “Libro del Comando” delle leggendarie Masche (gli spiriti dispettosi dei boschi delle Langhe).